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Alert "Atlantis. Indagine bibliografica dalle fonti di Platone fino agli scrittori moderni e le ipotetiche ricostruzioni cartografiche"

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LA TRADIZIONE TESTUALE DEL TIMEO

Il Timeo è stato trasmesso, con gli altri dialoghi di Platone, in un corpus organizzato secondo l’ordinamento tetralogico (nove gruppi di quattro per complessivi 36 dialoghi, alcuni dei quali giudicati non autentici dalla critica moderna). Il Timeo occupa il 3° posto (dopo la Repubblica) dell’VIII tetralogia.

L’origine del corpus che ci è illustrato nella sua composizione da Diogene Laerzio (sec. III d.C.) sembra risalire alla tradizione accademica, più precisamente all’Accademia di mezzo (metà del sec. III a.C.). Si discute se sia stata allestita una vera edizione con la funzione di proteggere il lascito platonico dagli attacchi strumentali delle altre scuole filosofiche. I papiri platonici di età tolemaica del Lachete e del Fedone, pur nel loro stato frammentario, hanno portato nuova luce sulla prima fase della circolazione del testo platonico. I molto più numerosi papiri di età romana e i testimoni della tradizione indiretta, da Cicerone (che traduce il Timeo e lo cita più volte accanto ad altri dialoghi) fino a Stobeo (che nella tarda antichità raccoglie in un’antologia vari excerpta di poeti e prosatori) consentono di confrontare utilmente il testo con quello dei codici medievali. Nel sec. IV d.C. la fondazione della Biblioteca di Costantinopoli ad opera di Costanzo II (357) segna una tappa importante nella storia del testo in quanto promuove la confezione di nuovi esemplari nella forma del codice, capace di ospitare un contenuto testuale ben più ampio dei rotoli di papiro. Il corpus tetralogico di Platone per la sua mole viene diviso in due tomi (tetralogie I-VII e VIII-IX).

L’attività esegetica a Platone, iniziata già in età ellenistica, conosce un periodo di particolare fioritura nella tarda antichità, nella scuola neoplatonica di Atene (è conservato il commento al Timeo di Proclo) e alessandrina (Olimpiodoro). I più antichi manoscritti di Platone risalgono al sec. IX (l’età del primo Umanesimo bizantino in cui i testi degli autori greci vengono copiati nella scrittura libraria ‘minuscola’): il Parigino gr. 1807 che contiene il secondo tomo dell’opera completa di Platone, quindi anche il Timeo, il Bodleiano Clarkiano 39 contenente le prime sei tetralogie, il Vaticano gr. 1 (che è complementare al Bodleiano).

Vengono poi in successione cronologica altri testimoni ‘primari’: il Vaticano Palatino gr. 173 (sec. X), il Tubingense gr. Mb 4 e il Vindobonense Phil. Gr. 7 (sec. XI), il Marciano gr. 185 (sec. XII). Alcuni di questi codici, che daranno vita ad una ricca tradizione successiva con una catena di copie, presentano il testo coronato da scoli marginali, frutto dello spoglio e della selezione di varie opere esegetiche precedenti (in particolare dei commenti neoplatonici).

Platone continua ad essere trascritto nel tempo in diversi ambienti culturali; un punto nodale della tradizione bizantina è la cosiddetta rinascenza dei Paleologi (fine sec. XIII, inizio sec. XIV) che fa seguito a un periodo di stasi culturale: ora si cercano nuove fonti testuali, si mettono in cantiere ‘edizioni’ degli autori antichi, utilizzando i manoscritti conosciuti e spesso contaminandoli. Tra le memorie testuali molto antiche felicemente recuperate c’è quella che poi ha dato origine al Vindobonense Suppl.Gr. 39 che contiene una scelta di dialoghi tra i quali il Timeo, con sensibili varianti rispetto alle altre fonti. All’inizio del sec. XIV a Costantinopoli vengono confezionati due grossi manoscritti, ognuno con l’intero corpus platonico, arricchito da vari scritti introduttivi alla lettura di Platone. Uno di questi manoscritti (il Laurenziano 85,9), portato a Firenze al tempo del Concilio del 1438, è stato riconosciuto come la principale fonte greca della traduzione di Marsilio Ficino che fu pubblicata nel 1484 e fece conoscere all’Occidente latino l’opera platonica ben prima che il testo fosse stampato in greco (l’editio princeps aldina è solo del 1513). L’Occidente aveva già conosciuto alcuni dialoghi in versione latina: il Menone e il Fedone latini (noti anche al Petrarca) erano stati tradotti nella Sicilia normanna, nel sec. XII, da Enrico Aristippo; la conoscenza del Timeo si deve invece nell’intero arco del MedioEvo alla traduzione (fino a 53b) e al Commento di Calcidio (sec. IV) che ha avuto grande fortuna fino al primo Umanesimo, all’età della ‘riscoperta’ di Platone.

Bibliografia selettiva

G. Pasquali, Storia della tradizione e critica del testo, Firenze 19522, pp.251-269

L. Canfora, Le collezioni superstiti. I filosofi, in Lo spazio letterario della Grecia antica, vol. II: La ricezione e l’attualizzazione del testo, Roma Salerno Editrice, 1995, pp. 199-206

G. Jonkers, The Manuscript Tradition of Plato’s Timaeus and Critias, Dissert. Amsterdam 1989

J. Irigoin, Deux traditions dissymétriqes: Platon et Aristote, in Tradition et critique des textes grecs, Paris Les Belles Lettres, 1997, pp. 149-190

Corpus dei papiri filosofici greci e latini (CPF). Testi e lessico nei papiri di cultura greca e latina, Parte I, vol. 1*** (Platonis fragmenta), Firenze Olschki, 1999, pp. 33 ss.

G.M. Rispoli, Pseudepigrafi platonici e filologia filosofica, in La Letteratura pseudepigrafa nella cultura greca e romana, Atti di un Incontro di studi Napoli, 15-17 Gennaio 1998, A.I.O.N. sezione filologico-letteraria 22 (2000), pp. 453-511

Introduzione a Platonis Respublica, recognovit brevique adnotatione critica instruxit S.R. Slings, Oxonii 2003

a cura di Antonio Carlini

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