"Forme
e adattamenti del mondo vegetale illustrati in un erbario
morfo-biologico del 1936-1940"
GLI ERBARI FIGURATI
Erbario figurato del XV secolo "Theatrum
Sanitatis" (Codice 1471 - Biblioteca Casanatense - Roma)
Lo studio della botanica nasce
principalmente come attività di interesse medico legata al bisogno
di dare un nome e riconoscere le erbe ad azione terapeutica, un
bisogno documentato dalle opere manoscritte di numerosi autori greci
e latini.
In passato per erbario si intendeva un
libro nel quale venivano elencate, descritte e raffigurate le
piante, soprattutto quelle dotate di proprietà medicinali.
Tra gli erbari figurati più antichi va
considerata l'opera del filosofo-naturalista greco TEOFRASTO
(372-287 a.C.), intitolata "Historia plantarum",
nella quale egli classificò circa 500 piante dividendole in gruppi
in base al diverso portamento (alberi, frutici, suffrutici, erbe) e
distinguendo quelle spontanee da quelle coltivate.
A questo erbario, come riporta Plinio nel I
secolo d.C., ne seguirono molti altri, purtroppo a noi mai
pervenuti, di autori meno noti come Crateo e Diocle, che andarono
nel tempo arricchendosi di tentativi di illustrazioni a colori.
Una pagina del codice di Dioscoride
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L'erbario figurato "Theatrum
Sanitatis" del XV secolo
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Successivamente, nel I secolo d.C.,
l'erbario figurato di PEDANIO DIOSCORIDE, intitolato De Materia
Medica Libri Quinque, rappresentò il miglior trattato di
botanica per tutto il Medio Evo fino al Rinascimento. Le descrizioni
delle piante (circa 600) sono esteriori e talora inesatte, tuttavia
quest'opera si distingue dalle precedenti (come quelle di Cratevas e
di Sestio Nigro) per una maggiore sistematicità e alcuni nomi di
piante in esso riportati sono ancora validi come nomi di attuali
generi, quali Anagallis, Anemone e Aristolochia.
L'opera di Dioscoride venne ripetutamente
copiata e tradotta in molte lingue, dall'inglese al francese, al
tedesco e persino all'arabo e al persiano. Tale lavoro di copiatura
fu spesso eseguito con imprecisione, superficialità o libera
interpretazione, dando origine nel tempo a grossolane modificazioni
che spesso hanno stravolto il ritratto iconografico originario,
falsando i caratteri morfologici a tal punto da rendere
irriconoscibile la pianta.
L'opera originale di Dioscoride non ci è
pervenuta; particolarmente noto è il codice detto Costantinopolitanus,
risalente al 512 d.C, opera manoscritta con preziose illustrazioni
conservata alla Nationalbibliothek di Vienna.
Questa modalità di studiare, descrivere e
raffigurare le piante, interpretando e modificando, se non
addirittura copiando, le conoscenze degli autori classici si
mantenne molto a lungo, fino a buona parte del 16° secolo.
L'interesse ed il significato storico di
questi erbari manoscritti, spesso su papiro o pergamena, è
indiscutibilmente di eccezionale pregio.
Occorre, tuttavia, precisare che una
descrizione botanica scientificamente corretta richiede l'uso di una
terminologia tecnica specialistica che compare solo molto tempo
dopo, con Linneo, nel 18° secolo.
Fino a quel momento le descrizioni
risultano, quindi, brevi e in gran parte fondate sull'analogia,
raramente a carattere naturalistico, ma il più delle volte
filosofico, magico e permeate di astrologia e occultismo.
E' il caso, ad esempio, di molti erbari
ispirati alle teorie di PARACELSO (1451-1493) che nella sua Dottrina
dei segni sosteneva che tutte le erbe nascondessero un segno
occulto della loro utilità per l'uomo; così le foglie a forma di
cuore avrebbero curato i disturbi cardiaci, la linfa gialla avrebbe
guarito l'itterizia, ecc.
In quest'ottica, le diverse parti di una
pianta venivano raffigurate con gli organi del corpo che erano in
grado di curare.
Accanto a queste opere, che rappresentano
per lo più un miscuglio di superstizione e pseudomedicina, ne
compaiono altre di autori provvisti di una certa preparazione
scientifica e di una spiccata individualità, come il tedesco BOCK,
il belga DODONAEUS e l'inglese TURNER, che basarono le loro
descrizioni botaniche su osservazioni personali dirette e non sui
dati tramandati dai testi antichi. Avviata verso la metà del 15°
secolo l'arte della stampa, compaiono, soprattutto in Germania, i
primi erbari stampati (detti erbari incunaboli).
La mandragora (Mandragora officinalis)
così come veniva illustrata in un erbario medievale tedesco.
Si tratta spesso di copie di manoscritti
medioevali a loro volta derivati, attraverso fonti arabe o persiane,
da antiche opere greche e romane.
Se da un lato le descrizioni delle piante,
tranne poche eccezioni, risultano carenti ed imprecise, dall'altro
le illustrazioni vengono progressivamente migliorate attraverso
riproduzioni xilografiche di pregevoli dipinti e disegni di artisti.
Nel 1544, il medico-botanico senese PIER
ANDREA MATTIOLI (1500-1577) pubblicò a Venezia il suo erbario
figurato Commentari alla Materia Medica di Pedacio Dioscoride di
Anazarbeo, nel quale sono descritte ed illustrate circa 1200
specie di piante d'uso medicinale, a completamento dell'opera del
Dioscoride, con bellissime ed accurate tavole botaniche realizzate
con la tecnica dell'ombreggiatura dagli artisti Wolfang Meyerbeck e
Giorgio Liberale.
Altrettanto pregevoli, per la precisione
delle illustrazioni, al punto da essere ritenuti i precursori del
disegno naturalistico, sono anche gli erbari figurati dei tedeschi
BRUNFELS (1488-1534) e FUCHS (1498-1554), e dell'italiano ALDROVANDI
(1522-1605). Quest'ultimo, con la sua monumentale opera in 360
volumi, si può considerare uno dei massimi protagonisti del
rinnovamento delle scienze naturali nel Cinquecento.
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Centro
internazionale di studi geocartografici storici laboratorio di
ricerca iscritto al MIUR dell'Editore Ernesto Paleani
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